1988 – Fedeltà al 5 agosto

Venerdì 5 agosto 1988. 

 

 

 

Stiamo vivendo l’anno centenario della morte di don Bosco: Una giornata splendida ci invita per il 21° anno consecutivo sullo scoglio roccioso di Capanna Gnifetti al Monte Rosa, per celebrarvi la festa della Madonna dei Ghiacciai nella più alta chiesetta d’Europa (3647 mt.). La visibilità eccezionale ci rende tanto vicino le vallate e montagne a cui oggi migliaia di alpinisti devoti salgono a celebrare la festa della Madonna delle Nevi.

 

 

 

Don Luigi Testa presenta, prima della collocazione, il volto di don Bosco e un suo autografo su legno di cedro, effettuato col pirografo da suor A. Maria Griffa, in ricordo del papà Agostino, ora collocato nella Cappella a ricordo del centenario, dice:
«La Santa Vergine ci benedica e ci aiuti a camminare per la via del Cielo».

 

Con lo sguardo rivolto in direzione del Gran Paradiso, cerchiamo il lago Miserin, dove la Valle d’Aosta ha il suo più celebre santuario alpino e celebra l’annuale pellegrinaggio Valdostano. Lontano, ai piedi del Monte Bianco, pensiamo alla bianca costruzione di “Notre Dame de la Guérison” tra la pineta e il ghiacciaio della Brenva; nel dedalo di tante vette distinguiamo il Rocciamelone ( 3538 m.), la montagna di più antica storia alpinistica, dove da 630 anni i montanari della Valle di Susa e della Savoia ( e valli vicine) salgono per onorarvi la Madonna. E’ difficile fare un computo esatto, ma per il 3° anno consecutivo abbiamo l’impressione che siano almeno 250 i partecipanti. Dieci sono i Sacerdoti intervenuti e mentre attendiamo l’ora della celebrazione, li occupiamo per le Confessioni: seduti sui massi, avvolti di sole accecante, sotto un cielo di intensissimo azzurro, tra le colate e macchie di ghiaccio, ascoltano l’anelito di libertà e di grandezza dei peccatori loro fratelli e fanno scendere su di loro il vento dello Spirito che li rinnova. Poi ci alziamo e circondiamo la più piccola chiesa del mondo, anche l’unica pensiamo, che sia tutta avvolta come in un fascio d’amore dai suoi fedeli: lo spettacolo visto dall’alto della balconata rocciosa intenerisce. Nell’altissimo silenzio risuona il canto biblico: “Benediciamo il Signore, a Lui onore e gloria nei secoli / Angeli del Signore benedite il Signore / e voi o cieli benedite il Signore / Acque sopra i cieli / potenze del Signore/ Sole e luna / astri del cielo / fuoco e calore / gelo e freddo / ghiacci e nevi / luce e tenebre /lampi e nubi benedite il Signore!/ Popoli di Dio / Sacerdoti del Signore benedite il Signore!”.

Ecco il nome dei Sacerdoti celebranti: don Luigi Testa, Superiore Regionale Salesiano; don Domenico Caglio, don Livio Recluta, don Marco Riva, don Andrea Angeleri, don Lodovico Balbiani, don Piero Didier, p. Giovanni Amisano, p. Paolo Corradi, don Giuseppe Capra.

Venerdì 5 agosto: il grande abbraccio dei partecipanti alla festa della Madonna dei Ghiacciai

Poniamo l’altare sulla balconata lato sud della Cappella, per ripararla dal vento, oggi un po’ vivace.

Don Testa Luigi celebra la S. Messa.

Attorno all’altare si stringono gli uomini più rappresentativi e coinvolti: il C.A.I. di Varallo e sottosezioni é rappresentato dal vicepresidente Franco Erbetta, dall’ex presidente Mario Soster, dal geometra Guido Fusel1i, dal cav. Agostino Negra, dal dr. Carlo Raiteri, dal cav. Enrico Chiara; il C.A.I. di Novara é rappresentato da Giovanni Borgini; sono scesi dal Lyskamm i fratelli Arturo e Oreste Squinobal, guide di prestigio internazionale, grandi benemeriti del soccorso alpino: rappresentano le guide di Gressoney e della Valle d’Aosta; c’é il Presidente nazionale delle guide alpine d’Italia, Giorgio Germagnoli.
Ci sono parenti dei caduti: mamma e papà e le due sorelle di Marco Rosati, caduto il 22/7 al Lyskamm; Igino Vuillermoz, papà di Corrado caduto il 17/9/85; i coniugi Susa, genitori di Ermanno caduto il 6/8/85; il dr. Sclarandi Piero papà di Renato caduto l’8/9/85; hanno mandato invece la loro calda commossa adesione i genitori di Elio Zanon da Trento e dalla Spagna i genitori di Joan Subiranas Jorba caduto il 6/8/87 al Colle Zumstein: per lui salgono sulla chiesetta i colori della bandiera catalana, la settima che va ad unirsi alle altre sei che rappresentano le nazioni che hanno qui i nomi dei loro caduti (Italia, Francia, Svizzera, Austria, Germania, Inghilterra).

Nell’omelia così dice don Testa: «Qui invochiamo Maria come Madonna dei Ghiacciai, perciò delle altezze, della vicinanza a Dio, della natura incontaminata : tutto è simbolo dell’identità di Maria che ci stimola ed aiuta a raggiungere le vette della perfezione umana e della santità cristiana, che ci spinge a raggiungere il Cristo suo Figlio, meta, salvezza ed armonia d’ogni uomo e dell’universo. Accogliamo Maria come guida madre e maestra, come ha fatto don Bosco. È bella l’idea di festeggiare don Bosco nell’anno centenario della sua morte, quassù, nella cappella che lui, grande educatore del cuore giovanile alla riconoscenza, alla generosità e all’ardimento, suggerì 22 anni fa ad un gruppo di giovani alunni del Liceo Valsalice di Torino che vollero erigere al loro maestro e guida spirituale don Aristide Vesco, caduto in mezzo a loro in una giornata splendida come l’odierna e press’a poco in quest’ora, sotto la vetta del Monte Ciampono, lì di fronte a noi.
La cappella, come è nella logica della solidarietà alpina, si è aperta ed è diventata il sacrario di tutti i Caduti del Monte Rosa, che trovano nella Madonna dei ghiacciai la Madre Immacolata che custodisce la loro memoria e i loro puri ideali. Siamo contenti di dire oggi a don Bosco educatore il nostro grazie solenne, di collocare la sua immagine serena in questa cappella, la più alta d’Europa, di invocarlo per fare nostro il suo augurio che é riportato in autografo accanto al suo volto “LA SANTA VERGINE CI BENEDICA E CI AIUTI A CAMMINARE PER LA VIA DEL CIELO“; é l’esperienza che il santo ha fatto guidato in modo straordinario (forse unico tra i santi) dalla presenza della Madonna.
Auguro a ciascuno di noi questa avventura di tenero amore e di docilità a Maria che ci conduca alle soglie del Paradiso dove ci attendono don Bosco e schiere di santi e di amici che ci hanno preceduti nell’arduo cammino della fede di cui é simbolo il nostro camminare su queste montagne».

La prima fiaccola di Marco Rosati, è presentata dalla sorella Laura; la seconda fiaccola è per Joan Subiranas Jorba, la offre un alpinista Catalano che oggi è qui senza sapere che si celebra anche in memoria del suo compatriota Joan Subiranas Jorba; la terza fiaccola, di Tullio Vidoni di Borgosesia, accademico del C.A.I., conquistatore di ben cinque “ottomila” e travolto da valanga in Valsesia, è presentata dal fratello Antonio; la quarta fiaccola è del salesiano Franco Canta, morto il 27/12/87 al Uja di Mondrone, legatissimo a questa festa; la sesta fiaccola é dell’ing. Giorgio Rolandi, benefattore della Cappella.

 

 

 

 

Tullio Vidoni, nato il 30 giugno 1947 e deceduto il 12 febbraio 1988, di Borgosesia, accademico del C.A.I., conquistatore di ben cinque “ottomila” e travolto da valanga in Valsesia, presentata dal fratello Antonio.

 

 

 

Marco Rosati, 22 anni, caduto il 12 luglio 1987 sulla parete Nord-Est del Lyskamm.

«Voglia di cieli infiniti,
di profumo di abeti,
di ruscelli e di cascate,
voglia di nuove vette da scalare.
La montagna, un grande amore,
voglia di vivere … voglia di morire …
sogno di libertà …

Il ricordo di te ci porta nei silenzi delle tue montagne adorate, vicini all’infinito…
Mamma, papà, Laura, Elena e Claudio».

 

 

 

 

Franco Canta, salesiano morto il 27/12/87 al Uja di Mondrone; frequentatore abituale del Monte Rosa e della nostra celebrazione.

Una vita laboriosa spesa al servizio dei giovani. Una fedeltà quotidiana al lavoro, purificata dalla preghiera. Una serenità di spirito, manifestata con arguzia di interventi nella vita fraterna. Un amore appassionato per la montagna, che diveniva per lui appuntamento più facile con Dio.

 

 

Ing. Giorgio Rolandi, nato nel 1899 e morto nel 1987, benefattore della Cappella attraverso le “Funivie Monrosa”.

«Un tecnico di livello europeo che conosce foglio per foglio tutto il carteggio Vinciano, un sognatore e un realista, gentiluomo di impronta rinascimentale. Mecenate dell’arte Valsesiana, il suo entusiasmo e la sua attenzione si rivolsero ad una realizzazione che la Valsesia attendeva da un secolo: La funivia del Monte Rosa”. L’impianto di Punta Indren deve oggi essere inteso come una creazione romantica con gli strumenti del­l’ingegneria d’avanguardia. Un sogno svolto lungo un cavo d’acciaio, tracciante nel cielo, tra roc­ce e ghiacci, un’affermazione dello spirito umano. Nel contempo la sua esercitazione più divertente e spettacolare. Più un capolavoro di arte liberale che un prodigio tecnico o, tanto meno, un’impresa industriale. Più monumento che attrezzatura.
È ancora e sempre un monumento alle proprie radici, ad una civiltà montanara ed a tutto ciò che essa ha rappresentato nei secoli, eretto nello scenario del monte che ne costituisce il paradigma. Più che un impianto di risalita, una realizzazione che sembrerebbe essere stata concepita per consentire l’ampliamento della Capanna Gnifetti e la celebrazione del Centenario del Club Alpino Valsasiano».

Enzo Barbano.