2008 – Fedeltà al primo sabato di agosto

Sabato 2 agosto

 

 

Quest’anno ha presieduto la nostra celebrazione il parroco di Alagna e del Monte Rosa, don Carlo Elgo, e sono stati ricordati: Ermanno Vercelli 65 anni di Cavallirio (NO), caduto sul Monte Carnera il 1° luglio 2007. I familiari lo hanno ricordato così: «Ermanno Vercelli, è mancato prematuramente mentre coltivava la sua passione: la montagna l’aveva nel sangue, era come una “malattia” e fin da giovane non ha mai smesso di andarci; forse facciamo prima a menzionare le vette del circondario su cui non sia passato. Ma ogni grande amore ha il suo prezzo e rischio e, morire facendo quello che si ama, è forse un desiderio inconscio, nel profondo del proprio essere. Alexander Skarsby (32 anni, di nazionalità svedese) deceduto sul ghiacciaio del Lys il 28 marzo 2008; Marietta Brecht (49 anni, di nazionalità tedesca) deceduta presso Capanna Margherita il 24 luglio 2007; Augusto Saltritti del C.A.I. di Gallarate, deceduto sul Monte Rosa il 7 settembre 1975: parenti ed amici chiedono per lui una fiaccola commemorativa. Nel 10° anniversario della morte abbiamo ricordato: Remo Spataro, 59 anni, era responsabile tecnico del “Monterosa Ski”. Gabriele Beuchod, 38 anni, guida alpina di Gressoney deceduto il 12/08/1998 colpito da un fulmine mentre saliva al Cervino poco oltre il rifugio Oriondè. Mauro Ferla medico, 40 anni di Trivero. Lidia Sommacal, 41 anni, farmacista in Crusinallo di Omegna. Tullio Vidoni nel 20° della sua scomparsa. Di Macugnaga: la guida Gildo Burgener, caduto sulla Dufour cinquanta anni fa. La guida Luciano Bettineschi autore di molte importanti ascensioni e morto 25 anni fa. Ettore Zapparoli scomparso sulla est del Monte Rosa nell’agosto 1951, i cui resti mortali ritrovati sono stati tumulati al cimitero di Macugnaga il 14-06-2008.

Sabato 2 agosto: celebrazione della S. Messa

Don Carlo ci parla della Madonna e della Divina Consolazione e forza che sa donare ai suoi figli nel momento della prova … io mi abbandono al ricordo delle testimonianze che ho sentito e mi convinco che un cuore materno è anche stato trasmesso a don Carlo dalla nostra Madonnina: quante mamme hanno ricevuto l’abbraccio di don Carlo, hanno sentito le sue lacrime scendere e fondersi con le loro lacrime, hanno ricevuto da questo cuore sacerdotale il primo conforto di fronte ai corpi martoriati dei loro cari, portati a valle dal Soccorso Alpino presso la cappella “Mater Montis Rosæ” al Col d’Olen o accanto alla chiesa parrocchiale di Alagna, nel piccolo cimitero. È un racconto che tante volte in questi quarant’anni di storia della nostra Cappella mi sono sentito ripetere dalle famiglie dei Caduti.

 

Mentre è innalzata la fiaccola risuona il profilo: «Aldo Negra, di anni 80 deceduto il 25/06/08, socio e membro della commissione dei punti d’appoggio del C.A.I. di Varallo. Insieme al fratello Agostino ha partecipato alla rostruzione di Capanna Gnifetti e Margherita, del Balmenhorn, Rifugio Pastore e di altri punti d’appoggio dove ha dimostrato la propria professionalità e fedeltà alle tradizioni e cultura delle nostre vallate.Così i familiari lo salutano: “Caro Aldo, la lealtà, la sincerità e l’amore hanno contraddistinto tutta la tua vita, gli affetti, il lavoro. Sei stato uno stupendo esempio per noi. Qui su questo ghiacciaio, assaporiamo la tua presenza e il tuo amore per la vita. Grazie, ciao Aldo”».

                                    Carlo Milone

Aldo Negra, assieme al fratello Agostino, ha dato il meglio di se stesso, quale artista-artigiano del legno, nella realizzazione in pratica di quanto Carlin Milone progettava con i disegni. Non è facile ricordare con quanta dedizione il Geom. Carlo Milone ed Aldo Negra, mancati nel corso di quest’anno, abbiano contribuito alla sezione di Varallo del CAI, con particolare riferimento alla realizzazione ed alla cura e manutenzione dei propri rifugi alpini. Il Geom. Carlo Milone ha progettato e diretto i lavori dei vari interventi alla Capanna Gnifetti, fino all’ultimo importante ampliamento del 1967; poi l’importante intervento al rifugio F. Pastore all’alpe Pile, per giungere finalmente al rifacimento della Capanna Margherita, inaugurata nel 1980. Carlin Milone, spronato da Gianni Pastore, Presidente della Sezione di Varallo, e da Giacomo Priotto, Presidente Generale del C.A.I., ha avuto il coraggio di mettere mano a quello che era indubbiamente un difficile progetto; perché di coraggio si è veramente trattato, dovendosi procedere al rifacimento di una struttura sulla più alta vetta italiana del Monte Rosa, del rifugio più alto d’Europa, di proprietà del C.A.I. nazionale. (Tratto dal “Notiziario CAI Varallo” anno 22° – dicembre 2008).

                                                                                             

Dopo il restauro la statua del “Cristo delle Vette”, viene riportata in vetta.

 

Martedì 26 agosto i due pezzi maggiori della statua del “Cristo delle Vette” restaurato, vengono portati in elicottero al Balmenhorn (4168 m.); alle cinque la testa dal rifugio Città di Mantova viene portata a capanna Gnifetti sulla stessa portantina su cui era discesa il 9 settembre 2007 e di lì su slitte con traino degli alpini raggiunge il Balmenhorn dove la statua viene rimontata.

Sabato 30 agosto partendo dal rifugio Mantova, dove hanno pernottato, salgono a piedi in vescovo mons. Giuseppe Anfossi, Augusto Rollandin presidente della Giunta Regionale, Alberto Cerise presidente del Consiglio Valle accompagnati dalle guide: Felicino Nicolino, Bruno Welf, Arnoldo Welf e Davide Camisasca; la giornata è bellissima, abbacinante lo splendore del Monte Rosa.

Il vescovo, contemplando la nostra patria ed il mondo dall’alto del Monte Rosa così dice: «Coloro che hanno voluto la statua e poi l’hanno disegnata, costruita e portata quassù sul Balmenhorn, finita la seconda guerra modiale con il suo strascico di guerra civile, non vollero cantare la vittoria degli eserciti, ma il ritorno della pace. Da oggi guardando la statua del Cristo che brilla quando il sole nasce e tramonta, dobbiamo ogni volta dire di nuovo il nostro “no” alla guerra e alla violenza. Essa, però, altro ci insegna ancora: penso al viaggio di questa scultura tra noi per farsi nuovamente bella; posso immaginarla come una curiosa osservatrice: ci ha guardati da vicino, dopo 52 anni, ed ha visto quanto siamo cambiati, visto il nostro benessere, ma anche una certa fatica di vivere dovuta alla mancanza di ideali, ad una vita che corre molto, ma troppo in piano … senza vette, dove raramente si accende la sciltilla della vera gioia perché non ci può essere gioia senza conquista, senza vita impegnata, gratuita elevatezza di aspirazioni e preghiera».

Domenica 31 agosto celebrazione a vasta partecipazione popolare in onore del “Cristo delle Vette” organizzata sul balcone dei prati e alpeggi di S. Anna (2172 m.); sono presenti autorità civili con i gonfaloni della Valle d’Aosta e del comune di Gressoney la Trinité, rappresentanze di guide di Gressoney, di Ayas, di Alagna; saluto diverse guide che conosco, in particolare Giampiero Viotti di Alagna con la moglie Rina, Andrea Enzio con papà Alberto, mamma Maria e zia Enrica che rivestono l’antico costume alagnese; danno inizio alla celebrazione i “Corni della montagna” (Alphorn) suonati dai maestri Yon Renato, Stefano Viola e Walter Chenuil, del gruppo “Walser Blaskapelle” (i fiati della Comunità Walser). Celebrano attorno al vescovo, mons. Giuseppe Anfossi, il parroco don Ugo Casalegno, don Flavio Bredy parroco della Cattedrale di Aosta, i Salesiani don Giovanni Moriondo, don Giuseppe Terzuolo e don Giuseppe Capra, mentre è impegnato nelle confessioni don Michele Magnani, cappellano degli Alpini e Guardie di Finanza. Anima la funzione il coro di S. Orso di Aosta.

Mons. Giuseppe Anfossi così parla nell’omelia: «La parola che più ricorre in questi giorni è “benedizione”! Ieri è stata benedetta la statua del Cristo delle Vette e la liturgia di oggi, idealmente collegata ad essa, è ancora “benedizione”. Andiamo, oltre la statua, a Cristo Gesù: è lui la benedizione vivente, massima e definitiva! È lui la benedizione del Padre! È passato tra di noi facendo del bene a tutti, ai piccoli, ai deboli, ai malati e ai poveri. Assiso alla destra del Padre, dopo aver sofferto tradimento, passione e morte, ci è vicino e ci benedice comunicandoci la sua parola e accogliendo ciò che di vero in noi: è la nostra vita che si fa preghiera. Vale per le relazioni, gli affetti, il lavoro e il temkpo libero; vale per ogni sport di montagna e per l’alpinismo. La statua del Cristo ritornata in vetta, può essere interpretata come il simbolo di questo culto offerto attrverso i corpi e le vite di chi, amando Dio e il prossimo, percorre la montagna o si misura con essa».

                                                                                            

 

Il nutrito gruppo di pellegrini della Valle Susa che ogni anno sono fedeli a questo nostro pellegrinaggio alla Madonna dei Ghiacciai, specialmente dal 1999 in cui abbiamo fatto il gemellaggio con la Madonna del Rocciamelone, ci invitano il 1° settembre prossimo a celebrare con loro il 650° anno della prima salita alla loro montagna, la più alta vetta della Valle Susa (3538 m.); lassù il cavaliere Bonifacio Rotario adempiendo un voto, fatto durante la prigionia, aveva portato e collocato in una grotta-cappella, sotto il masso terminale della vetta, ritenuta allora inaccessibile, il trittico, ora conservato nel Duomo di Susa. Il prezioso cimelio (riprodotto qui a fianco) reca in fondo la scritta latina che traduciamo in italiano: «Qui mi portò Bonifacio Rotario, cittadino di Asti, in onore del Signore nostro Gesù Cristo e della Beata Maria Vergine, nell’anno del Signore 1358, il giorno 1° di settembre».

                                                                                            

 

Il 1° settembre 2008 è stata una giornata impegnativa: variata da neve, grandine e anche squarci di sole e tuttavia ha raccolto la notevole partecipazione di pellegrini devoti, esperti della staoria del Rocciamelone. Ha celebrato mons. Renato Boccardo, nativo della Valsusa, vescovo del governatorato Vaticano, con lui don Sergio Blandino parroco di S. Antonino e don Gianluca Popolla di Venaus.

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