[cq_vc_profilepanel headerimage="5209" headerheight="400" avatartype="image" avatarimage="5119" captiontitle="Roberto Carmagnola-Vietti" elementshape="square"]43 anni di Borgosesia, elettricista di professione e alpinista per passione, tanto da prestare servizio nella sezione locale del Soccorso Alpino. Precipitato per un centinaio di metri il 10 agosto 2013 mentre tentava di raggiungere la Punta Dufour a 4.636 metri su un versante del ghiacciaio del Grenz, nella valle di Zermatt, un imponente anfiteatro naturale delimitato dalle punte Dufour, Zumstein, Gnifetti e Lyskamm nel cuore del massiccio del Rosa. Così lo ricorda la sorella Luisa: «Descrivere in queste righe Roberto, figlio, fratello, amico e compagno di tante emozioni, non è cosa da poco. Robi era colui che trovava un valido motivo per vivere al meglio ogni giorno e, se non c’era, lo creava con l’immaginazione…quel tanto che bastava per trasformarlo in realtà. Credeva in sé e non dimenticava di credere negli altri. Attento, deciso, disponibile, riservato, sensibile, entusiasta e tenace, tendeva la mano a tutti con cuore ed allegria. Amava la montagna perché vivendola ne scopriva i suoi valori morali per poi metterli in pratica. Ogni vita, Robi, serve a qualcosa indipendentemente dalla sua durata e dalla sua conclusione e tu con le tue parole, fatti, silenzi, sorrisi e la tua vita, hai dato tanto a noi! Sei partito per un lungo viaggio non per lasciarci, ma per scalare le più alte vette e diventare un angelo per restare qui in noi e tra noi!     Ciao Robi!»  E ancora la sorella Luisa, in un immaginario dialogo in prima persona: «Il mio zaino e le mie scalate, non sono solo carichi di materiali e di viveri: dentro ci sono la mia educazione, i miei valori, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere. In montagna non porto il meglio di me stesso, porto me stesso, nel bene e nel male. La montagna insegna che non bisogna vivere con la paura di morire, ma con la gioia di vivere di entusiasmo ed amore e che, cadendo, non si perde la gloria di essere saliti… perché nella vita non si fa nulla di grande senza tutto questo!»[/cq_vc_profilepanel]

[cq_vc_profilepanel headerimage="5212" headerheight="400" avatartype="image" avatarimage="5119" captiontitle="Aldo Bergamini" elementshape="square"]Nato a Milano il 26 dicembre 1956,  caduto mentre tentava di raggiungere la Cresta Rey alla Cima Dufour a 4.300 metri il 10 agosto 2013. Alpinista e sci-alpinista provetto e capace aveva salito 41 cime di 4000 metri oltre ad innumerevoli vette alpine, iniziato a questa passione dal papà Ugo e condividendo le gite con i fratelli e gli amici più cari. Da un anno era rimasto vedovo di Pina, mancata per un tumore osseo, e la montagna era diventata anche un modo per avvicinarsi a lei. Ha lasciato due figli che lo hanno ricordato così al suo funerale: «Quello che vogliamo condividere con voi oggi è ciò che la montagna significa per papà: reciproca fiducia, affidarsi totalmente ad un’altra persona, un Amico, un Fratello, non solamente un compagno di cordata. Fatica, uno sforzo che non sia fine a se stesso, ma che riesca a dare un gusto nuovo al raggiungimento della meta e alla contemplazione dell’immensità da cui si è circondati. Gioia, quella che scaturisce dagli occhi di chi vive questa passione. Serenità, cercata soprattutto in quest’ultimo anno, e tranquillità sicuramente trovata nella quiete delle cime. Preghiera, meditata durante la salita, cantata sulla vetta e sussurrata lungo la strada del ritorno. Tanti sentieri percorsi per trovare il silenzio e ritrovare il Padre. “Molte sono le strade che portano a Dio, una di esse passa per la montagna». (Reinhold Stecher, vescovo di Innsbruck – da “Il messaggio delle  montagne”) Sofia e Luca Dall’omelia funebre dell’amico sacerdote don Sergio: «La montagna è stata la sua grande passione. Alcuni questo non lo comprendono, eppure la montagna è stata una grande scuola di vita frequentata anche da personaggi che nella Chiesa hanno rivestito un ruolo importante: papa Pio XI, il beato Piergiorgio Frassati, Giovanni Paolo II, il cardinale Carlo Maria Martini...Ma la montagna era un luogo importante per Gesù, per dialogare con il Padre e per manifestarsi ai discepoli. Anche per Aldo la montagna è diventata sempre più una passione: da giovane era una conquista poter mettere su una vetta il gagliardetto dei BIG, da adulto un momento importante da condividere con Ugo, i fratelli, gli amici. Da qualche tempo un modo per avvicinarsi a qualcosa o a Qualcuno di grande che ti fa guardare il mondo con occhi diversi, da alcuni mesi i 4000 gli consentivano di avvicinarsi a Pina (la moglie già in Paradiso) perché per noi il cielo è in alto».[/cq_vc_profilepanel]

[cq_vc_profilepanel headerimage="5214" headerheight="400" avatartype="image" avatarimage="5119" captiontitle="Valter Corniati e Maria Teresa Pieri" elementshape="square"]I due alpinisti di Biella il 7 luglio 2013 dispersi nell’alto vallone di Piantonetto, in valle Orco, sono caduti in un crepaccio nella morena a destra del Bivacco Carpano a quota 2.860 metri. Avevano appena iniziato la discesa della Becca di Gay lungo la via per tornare al rifugio Pontese. A causa della nebbia, scivolati all’interno di un crepaccio per circa 10 metri per poi finire nell’acqua, incastrati fra pietre e ghiaccio. Per le ricerche si sono alternate diverse squadre della delegazione canavesana del Soccorso Alpino, fino a 40 uomini impegnati contemporaneamente su questo versante del Gruppo del Gran Paradiso. Tutto inutile purtroppo. Per tre giorni tra la pioggia e la nebbia sono state trovate tracce di scivolamento nella zona del Bivacco Carpano, quella più impervia e lì, con grande difficoltà gli speleologi si sono calati nell'acqua e hanno individuato i corpi. Al di là dei traumi subiti, la morte sarebbe avvenuta per ipotermia. Valter Corniati 61 anni di Biella, iscritto alla Sezione C.A.I. “Pietro Micca” di Biella. Sposato con Emanuela e padre di tre figli: Fabio, Cecilia ed Irene. Da subito ha trasmesso questa passione per la montagna al figlio Fabio. Dopo aver fatto quasi tutte le vette principali italiane, si è cimentato anche in alpinismo extraeuropeo, tra le vette conquistate ci sono Kilimangiaro, Monte Kenia, Monte Ararat, Alpamajo (la vetta più alta). Oltre alla montagna impegnativa condivideva moltissime gite più semplici con la moglie, e da qualche anno aveva scoperto il mondo del volontariato in Bolivia, dove si era recato negli ultimi 2 anni per svolgere campi lavoro in missioni religiose, approfittando per qualche salita sulle Ande. Disponibile con tutti, allegro, vivace e di compagnia… amico di tutti! Gran appassionato di arte, si dilettava in ritratti, acquarelli, costruzione di strumenti musicali (organetti a manovella). Era ad un passo dalla pensione, che gli avrebbe permesso di dedicarsi ancor maggiormente alle sue passioni. Maria Teresa Pieri 57 anni di Biella; aveva una grande esperienza di montagna anche all’estero. Maria Teresa lascia la figlia Francesca Trevisiol. Così viene ricordata dai suoi familiari: «Teresa, percezione del vero, istintiva e naturale che riconosce il bene in tutte le cose. Teresa, luce potente, forza bianca luminosa e purissima, tradotta in energia vibrazionale entro la quale chi viene carpito tende a rimanere intrappolato positivamente. Teresa, come una montagna. Teresa, amore è il guardare le stesse montagne da angolature diverse. Hai sempre rincorso il tuo obiettivo facendo sempre attenzione al tuo cammino. È il cammino che insegna sempre il modo migliore per arrivare e ci arricchisce mentre lo percorriamo. Il tuo cammino ti ha reso grande, unica e luminosa come la luna. Sentiamo quanto ci vuoi bene, sentiamo che dove sei stai benissimo. Ad occhi chiusi comunichiamo con te immaginandoti sempre intorno a noi. Ciao Tere.» «Lassù tra le mie nuvole anche la fretta mi siede accanto e aspetta».  [/cq_vc_profilepanel]

[cq_vc_profilepanel headerimage="5216" headerheight="400" avatartype="image" avatarimage="5119" captiontitle="Marianna Conti" elementshape="square"]37 anni di Pallanzeno, caduta il 13 agosto 2013 sul versante francese del Monte Bianco, lungo la cresta del Mont Blanc du Tacul, travolta da una valanga causata dal crollo di un seracco.Si era sposata e per qualche anno aveva vissuto, ad Anzino, in valle Anzasca, con il marito Tiziano Titoli con cui condivideva la passione della montagna, per poi trasferirsi a Pallanzeno nella casa che lui, muratore, aveva costruito.  Marianna Conti lascia il padre Giorgio, la madre Mirella, il marito Tiziano e i fratelli Doriana e Giuliano. Marianna era capo-reparto alla secolare manifattura «Polli» di Villadossola. «Era con noi da circa vent’anni – racconta il proprietario dell’azienda, Giuseppe Polli -. Tutti le volevamo bene, perché era una persona cristallina e sincera». Così la ricordano i suoi cari: «È trascorso ormai un anno da quel tragico giorno in cui la tua vita è stata strappata troppo prematuramente, ma il tuo ricordo rimarrà per sempre vivo nei nostri cuori e in quelli delle persone a te care; il tuo sorriso illuminerà di luce le nostre giornate più buie! I tuoi occhi brilleranno per sempre come stelle nel cielo! Quel cielo che molte volte hai sfiorato da vicino raggiungendo le tue alte vette!! Ora proprio da quella più alta vegli su di noi proteggendoci. Sei stata e sarai sempre una figlia, moglie, sorella, zia e amica perfetta. Ci hai insegnato tante cose e quella più importante è “l’amore”, si quell’amore che tu davi senza mai chiedere nulla in cambio!  Grazie Mary che anche se sei stata accanto a noi per questi anni così brevi ci hai dato tanto e fatto capire che la vita va vissuta come un dono e non va sprecata! Questo te lo dobbiamo. Tu che meritavi di vivere ancora di più e che amavi questa vita! Andremo avanti per te e ti terremo sempre viva nel nostro cuore!    Grazie Mary, Angelo nostro ti vogliamo un immenso bene!».  Anche il comune di Pallanzeno esprime il proprio cordoglio. «Conoscevo bene Marianna – spiega il sindaco Simone Cantova -. Eravamo quasi coscritti e lei ha lavorato per qualche periodo nel negozio di mia mamma. Ricordo una ragazza con tanta voglia di lavorare e valori profondi». Conferma le parole del primo cittadino anche l’amica di famiglia e vicina di casa Miris Bartolucci: «Da bambina Marianna stava giornate intere nel mio negozio, era molto timida, una ragazza d’altri tempi nella vita di tutti i giorni, ma piena di coraggio ed intraprendente in ambito sportivo e lavorativo». «Aveva iniziato da qualche anno ad andare seriamente in montagna – racconta – e subito è scattato un amore che l’ha portata ad affrontare sfide sempre più grandi».[/cq_vc_profilepanel]

[cq_vc_profilepanel headerimage="5218" headerheight="400" avatartype="image" avatarimage="5119" captiontitle="Laura Frisa" elementshape="square"]41 anni, originaria della valle Antrona e residente ad Omegna, caduta il 13 agosto 2013 sul versante francese del Monte Bianco, lungo la cresta del Mont Blanc du Tacul, travolta da una valanga causata dal crollo di un seracco. Laura da anni praticava sci alpinismo e aveva seguito corsi tecnici con il C.A.I. di Villadossola. Lascia la mamma Pierina e il fratello Marco. Così viene ricordata dai suoi familiari: «Cara Laura, sono passati mesi, un anno ormai… e ci mancano tanto la tua voce gioiosa e squillante, il tuo volto sorridente. Ma la tua voce e il tuo volto sono custoditi nella nostra memoria e nel nostro cuore, tu vivi nei nostri ricordi, sempre. Vogliamo ricordarti come eri, in particolare una caratteristica su tutte del tuo carattere: l’altruismo! Sì, sei sempre stata generosa e piena di slanci; non ti risparmiavi non solo nelle cose che ti appassionavano ma anche nel prodigarti verso la famiglia, verso il tuo prossimo. Hai saputo amare chi ti stava vicino. E se pensiamo all’amore che possiamo dare nella nostra vita (parliamo di noi stessi), ci rendiamo conto di quanto è mancante e imperfetto… E allora “in che troverò consolazione, in chi mi confiderò? Confiderò nel mio Signore il cui amore sorpassa ogni conoscenza” (Ef.  3:19). E in virtù del mistero di quell'amore ineffabile, di quella speranza noi ti diciamo: arrivederci a presto cara LAURA!! Con tutto il nostro AMORE.»[/cq_vc_profilepanel]

[cq_vc_profilepanel headerimage="5220" headerheight="400" avatartype="image" avatarimage="5119" captiontitle="Aldo Bellotti" elementshape="square"]64 anni nato a Trivero il 23 luglio 1948 e deceduto il 21 luglio 2013 a Piedicavallo precipitato scendendo lungo la cresta Sud del Bo, a quota 2.200 metri in una località chiamata Schiena dell’Asino, compiendo un volo di 80 metri. Bellotti era un volto conosciuto a Trivero e nella Valsessera. Era un tipo solitario, ma non disdegnava la compagnia. Aveva lavorato come artigiano edile ed era riconosciuto da tutti come un vero maestro nell’intonaco. Altra sua grande passione era la lavorazione del legno: si dilettava a costruire mobili. La montagna era la sua casa, conosceva tutte le cime, sul monte Boera salito infinite volte, forse più di 50, ci andava anche quando c’era la neve alta, e li ha fatto l’ultimo viaggio, quello che lo ha portato nella cima più alta, quella dove nostro Signore ha accolto lui e il suo amatissimo Tex, che qualche anno fa lo aveva lasciato, suo amatissimo e fedele compagno di montagna, il suo amore più grande insieme alle montagne. Diceva sempre che la morte più bella per lui sarebbe stata li e non in un altro posto. Il Signore lo ha accontentato, ma noi avremmo voluto che stesse qui ancora per molto tempo. Era un uomo burbero, forse per nascondere la sua grande sensibilità che solo le persone molto intelligenti hanno il dono di avere, il suo grande cuore era enorme, donava agli altri senza mai vantarsi di nulla, anche se dava veramente molto. Da una decina d’anni aveva iniziato, assieme ad alcuni amici, il ricupero dell’Alpe Stramba dove le tre baite diroccate sono diventate un luogo accogliente, spesso lo raggiungevano gli amici per trascorrere insieme il fine settimana tra camminate e una puntata al torrente per la pesca. I1 giorno del suo funerale avrebbe compiuto 65 anni e avrebbe voluto regalarsi una salita al Corno Bianco, invece ha iniziato il cammino verso la strada più importante della sua vita. «Ti immaginiamo su, nelle cime più alte a camminare con il tuo fedele Tex e a sorriderci, per darci la forza di essere persone migliori. Ciao Aldo».[/cq_vc_profilepanel]